venerdì 31 ottobre 2014

La solarizzazione

I primi accenni a questa tecnica ecologica per la distruzione dei patogeni del suolo risale al 1976, quando venne pubblicata sulla rivista Phitopatology la possibilità di utilizzare il calore del sole intrappolato con un telo di plastica per disinfestare il suolo da patogeni e erbe infestanti. La tecnica è semplice ed efficace e consiste nel lavorare un terreno come se dovesse essere seminato (con tanto di innaffiatura e pacciamatura) per poi coprirlo con un telo di plastica trasparente che crea un effetto serra nei trenta centimetri sottostanti con temperature raggiunte che si aggirano tra i 40 e i 60° C. Il telo di plastica viene adeguatamente fissato alle estremità con mattoni che impediscono al vento di spostarlo e i bordi sono sepolti nel terreno in modo da isolare la porzione di terreno trattato. Il telo è lasciato per un periodo compreso tra 30 e 60 giorni, a seconda delle latitudini e della disponibilità del terreno (chiaramente in questo periodo il terreno non è fruibile). 
Le tre fasi della solarizzazione: terreno naturale, terreno lavorato con pacciamatura e irrigazione, posa del telo di plastica e bloccaggio con mattoni e con interramento dei bordi del telo
La solarizzazione,  sviluppando temperature elevate nei primi centimetri di terreno, crea un ambiente ostile per molti organismi patogeni (funghi, nematodi, semi di erbe infestanti).  La procedura è economica e di facile attuazione anche per i neofiti e per chi ha un semplice orto casalingo, ma la riuscita dipende dal rispetto delle procedure elaborate da studiosi e appassionati negli ultimi 40 anni. Questa tecnica non deve essere considerata come un trattamento unico, ma deve essere integrata in una nuova visione del modo di operare in agricoltura. Innanzi tutto, è fondamentale l’apporto di sostanza organica attraverso un arricchimento della componente umica del terreno, quindi sostituire la concimazione chimica con quella naturale (compost, pacciamatura naturale, letame) consentirà di ristrutturare il terreno, renderlo più equilibrato e aumentare l’efficacia di quegli interventi come la solarizzazione e di altre tecniche agronomiche ecosostenibili. Non è esatto parlare di una tecnica pienamente ecosostenibile perché i materiali impiegati per la realizzazione dei film trasparenti non sono certo naturali, parliamo di polietilene, polivinile e l’etiltetrafluoruroetilene, anche se l’evoluzione delle bioplastiche ci ha regalato i primi teli biodegradabili e compostabili migliorando l’aspetto ambientale e portando questa tecnica verso la piena compatibilità ambientale. La solarizzazione comporta diversi vantaggi immediati: viene eliminata una parte consistente degli organismi patogeni e anche di quelli concorrenti (piante infestanti), il suolo fornisce una maggiore quantità di elementi disponibili per la crescita delle piante (azoto, magnesio, potassio, calcio, ecc), diminuisce il lavoro dedicato al diserbo, non lasciamo alcun residuo chimico sul terreno che potrebbe essere assimilato dalle coltivazioni. L’effetto della solarizzazione è massimo alla superficie del suolo e diminuisce con la profondità. Per dare un’idea, la temperatura massima raggiunta dal suolo nei primi 7-10 cm di profondità si aggira intorno ai 40-60°, mentre a 30-40 cm si raggiungono temperature tra i 30-40 °, quindi l’azione più efficace si compie nei primi 10 cm di terreno. Il momento migliore per operare con questa tecnica sono i mesi estivi, da giugno ad agosto. Il terreno deve essere ben lavorato, soffice ed irrigato abbondantemente perché l’acqua conduce meglio il calore aumentando l’efficacia del metodo. I teli di plastica trasparente utilizzati dai professionisti sono trattati in modo da favorire il passaggio delle radiazioni solari, ma per un utilizzo casalingo può essere utilizzato un normale telo trasparente in plastica non troppo sottile (la plastica sottile è più efficace nel trasmettere la radiazione solare, ma si rompe molto facilmente sotto l’azione del vento e degli animali). Una variante di questa tecnica è l’utilizzo di teli di plastica nera che inibiscono la crescita delle infestanti (funzionano come un telo pacciamante), lo svantaggio è che si allunga il periodo per rendere efficace la solarizzazione. Per piccole aree trattate: un piccolo giardino o un prato in climi freddi, può essere utile utilizzare un doppio strato di plastica con una intercapedine creata con oggetti come bottiglie di plastica o tubo in PVC tra gli strati. Questo comporta un ulteriore aumento della temperatura tra 2 ° e 10 ° C rispetto alla temperatura ottenuta con un singolo strato di plastica trasparente. Questa tecnica può essere utilizzata anche per vasi e contenitori, ma viene usata anche per sterilizzare il terreno inserendolo all'interno di buste di plastica nera che raggiungono, esposte costantemente al sole, temperature molto elevate e con un efficacia molto maggiore rispetto al campo aperto, perché la diffusione del calore all'interno di un sacchetto confinato è ovviamente molto superiore rispetto ad un terreno che è confinato dal telo solo superiormente.  La tecnica della busta di plastica nera viene usata anche per sterilizzare compost che potrebbero presentare problemi di patogeni (ad es. compost da escrementi di animali domestici). 
Chiaramente non è la panacea di tutti i mali, la percentuale degli organismi eliminati è elevata ma non totale, le infestanti che hanno rizomi profondi sfuggono all'azione sterilizzatrice della solarizzazione, alcuni funghi non sono sensibili all'aumento di temperature, i nematodi sono molto mobili e possono sfuggire all'azione della temperatura, inoltre alcuni semi di infestanti hanno un’elevata resistenza al calore. Però, dobbiamo considerare che la tecnica è estremamente semplice, rapida, ecologica e procura indubbi vantaggi con pochissimo sforzo.

giovedì 16 ottobre 2014

Guida pratica alla pulizia naturale della casa

Nelle nostre case sono presenti decine di prodotti per la pulizia. Ormai possiamo dire che ad ogni oggetto che compriamo corrisponde un prodotto per pulirlo. Sono veramente necessari tutti questi detergenti chimici per pulire in modo sicuro ed efficiente le nostre case? Oltre al pericolo di inalazione e/o contatto con sostanze chimiche che possono nuocere a noi stessi e all'ambiente, dobbiamo considerare anche il problema del packaging, ovvero le confezioni di plastica che devono essere necessariamente smaltite in discarica o se va bene (ma deve andare proprio bene...) recuperate e riciclate. Comunque anche il riciclo delle confezioni comporta una spesa non indifferente a carico della cittadinanza, quindi se riuscissimo ad evitare l'acquisto di questi detergenti ne avremmo un vantaggio economico diretto, ma anche, alla lunga, un vantaggio in termini di riduzione del carico fiscale. Numerose organizzazioni indipendenti e governative hanno analizzato il problema della sicurezza dei prodotti per la pulizia della casa; in questo articolo vogliamo riportare i consigli che il governo australiano, dopo una serie di studi, ha pubblicato e divulgato alla popolazione.  Si tratta di un manuale sul pulire in modo naturale la nostra abitazione.
Il Kit naturale completo per la pulizia della casa consta di:
N.B. Il kit contiene anche alcune sostanze chimiche che sono comunque non inquinanti e/o di origine naturale 


Ci sono tre regole auree da seguire:

  • RIDURRE   drasticamente o  ELIMINARE l'uso di prodotti chimici sostituendoli con prodotti naturali.
  • SPESA INTELLIGENTE: acquistare solo quello che serve veramente esaminando il contenuto chimico di quello che acquistiamo evitando i prodotti più tossici.
  • SICUREZZA durante l'uso dei prodotti (tutti, anche quelli naturali), sicurezza nella conservazione (soprattutto per quanto riguarda i bambini).

Amsterdam: una città a misura di ape

Il declino inesorabile delle popolazioni di insetti a livello mondiale viene ormai considerato il prodromo di una vera e propria estinzione...