martedì 16 settembre 2014

Le fogne: bomba ecologica globale

Quante volte sui libri di storia abbiamo letto lodi indiscusse sui benefici dei sistemi fognari, secondo tutti i testi l'invenzione della fogna avrebbe liberato l'uomo da una pletora di malattie e consentito la civilizzazione del genere umano. Bene, è ora di fare un po' di revisionismo storico e non solo confutare quanto scritto sugli autorevoli testi ma affermare l'esatto contrario. Ebbene si, la fogna quel buco nero che ci libera da tutte quelle sostanze che ci hanno insegnato fin da piccoli essere brutte, sporche e cattive, rappresenta una delle invenzioni più deleterie per il nostro pianeta. Cominciamo dall'inizio, il soggetto malefico che ha condotto l'umanità ad inventare le fogne: i nostri escrementi. Anche nella quotidianità familiare, quando i nostri figli toccano qualcosa di sporco usiamo apostrofarli con la fatidica frase: "non toccare! È cacca!". Siamo d'accordo, toccarla è forse un po' esagerato, ma diluirla in enormi volumi di acqua (che da quel momento diventa inservibile), trasportarla per chilometri e chilometri, utilizzare quantitativi spaventosi di energia per depurare i liquami, ottenere da questa depurazione delle acque, comunque inquinate, che appestano in modo continuo i mari di tutto il mondo, togliere sostanze nutrienti all'agricoltura per sostituirle con fertilizzanti chimici, non è forse immensamente stupido?
 Il nostro bagno è altamente energivoro, forse è “l'elettrodomestico” che consuma di più, non è solo lo scarico dell'acqua, provate a pensare a quanta energia è necessaria ad estrarre l'acqua dal sottosuolo, renderla potabile, portarla a casa di tutti noi, sollevarla fino al nostro piano. Poi, dopo aver raccolto i nostri scarti, l'acqua, ormai compromessa, non finisce di assorbire energia: passa attraverso stazioni di sollevamento, arriva ai depuratori dove viene trattata con tecniche che impiegano elevate quantità di energia e infine arriva al mare o al fiume. È finita qui? Purtroppo no, per ovviare ai guasti apportati alle falde idriche, ai fiumi e al mare in termini di inquinamento si devono impiegare risorse energetiche ed economiche immani: scavare pozzi di approvvigionamento più profondi (perché quelli superficiali sono inquinati), utilizzare tecniche di messa in sicurezza e di bonifica costosissime che incidono sulla collettività in modo enorme in termini di tasse e consumi, depurare le acque dall'inquinamento organico che noi stessi causiamo.

lunedì 1 settembre 2014

l'idiozia del genere umano: humus storia di una scomparsa


Nella dissennata e caotica corsa allo sviluppo a tutti i costi abbiamo perso la capacità di gestire in maniera equilibrata molte attività che l'uomo ha svolto per centinaia di anni. Tra queste, l’agricoltura è quella che forse ha risentito maggiormente del disequilibrio causato dalla trasformazione dell’economia agricola rivolta alla necessità e ai bisogni degli agricoltori e dei consumatori, ad un’economia industriale che volge tutte le attenzioni alla massimizzazione del prodotto a prescindere dalla sua qualità e dalle conseguenze che questa politica fa ricadere sulle persone e sul territorio. Fino a qualche decennio addietro l’azienda agricola era quasi a ciclo chiuso, l’immissione di energia in questi contesti era assai limitata, la fertilizzazione dei terreni era realizzata con gli stessi scarti dell’azienda, senza ricorrere ai fertilizzanti chimici che a partire dagli anni cinquanta hanno colonizzato tutte le pratiche agricole. L’immissione di elementi di sintesi nel terreno ha avuto una ricaduta assolutamente devastante sul territorio, sulla qualità del prodotto e sui consumatori. In primo luogo l’introduzione dei fertilizzanti chimici ha portato ad uno squilibrio del suolo, che nel tempo ha perso la sua capacità di produrre nuova sostanza organica; le quantità di humus prodotto dai terreni è scesa negli anni in modo vertiginoso, attualmente gran parte del territorio italiano è in una fase di desertificazione, anche molto avanzata, e questo è una delle conseguenze della perdita di sostanza organica. Il terreno viene continuamente “alimentato” artificialmente  causando la perdita di vitalità dei suoli, poiché con l’integrazione chimica tutti i processi di demolizione e sintesi della sostanza organica diventano superflui e gli organismi promotori, essenziali per la salute dei terreni naturali, perdono la loro funzione. La diminuzione di queste creature ha alterato il perfetto equilibrio che si realizza in natura, dove un numero immenso di organismi realizza un ciclo biologico assai complesso e versatile. La grande biodiversità presente nei suoli degrada la sostanza organica in decomposizione e la trasforma, attraverso complessi meccanismi biochimici e fisici, in substrato fertile per lo sviluppo di nuove piante. La perdita di biodiversità, inoltre, altera le caratteristiche del terreno in quanto tutti gli elementi immessi non possono essere “lavorati” dai microorganismi, diminuendo la possibilità di essere integrati all’interno della struttura del terreno. La concimazione chimica ha avuto successo fino a quando la sostanza organica che si è accumulata in centinaia di anni di fertilizzazione naturale (letami) non si è consumata. Attualmente, la percentuale di humus media nei nostri suoli è inferiore all’1% (si veda Tabella) e, nonostante massicci impieghi di concimi chimici (un suolo fertile possiede una percentuale compresa tra il 2 e il 2,5 % di humus), la resa dei suoli non è aumentata, anzi si è osservata una diminuzione della produttività dei suoli agricoli.

Amsterdam: una città a misura di ape

Il declino inesorabile delle popolazioni di insetti a livello mondiale viene ormai considerato il prodromo di una vera e propria estinzione...