I primi accenni a questa tecnica
ecologica per la distruzione dei patogeni del suolo risale al 1976, quando
venne pubblicata sulla rivista Phitopatology la possibilità di utilizzare il
calore del sole intrappolato con un telo di plastica per disinfestare il suolo
da patogeni e erbe infestanti. La tecnica è semplice ed efficace e consiste nel
lavorare un terreno come se dovesse essere seminato (con tanto di innaffiatura
e pacciamatura) per poi coprirlo con un telo di plastica trasparente che crea
un effetto serra nei trenta centimetri sottostanti con temperature raggiunte
che si aggirano tra i 40 e i 60° C. Il telo di plastica viene adeguatamente
fissato alle estremità con mattoni che impediscono al vento di spostarlo e i bordi sono sepolti nel terreno in modo da isolare la porzione di terreno trattato. Il telo è lasciato per un periodo compreso tra 30 e 60 giorni, a
seconda delle latitudini e della disponibilità del terreno (chiaramente in
questo periodo il terreno non è fruibile).
Le tre fasi della solarizzazione: terreno naturale, terreno lavorato con pacciamatura e irrigazione, posa del telo di plastica e bloccaggio con mattoni e con interramento dei bordi del telo |
La solarizzazione, sviluppando temperature elevate nei primi
centimetri di terreno, crea un ambiente ostile per molti organismi patogeni
(funghi, nematodi, semi di erbe infestanti).
La procedura è economica e di facile attuazione anche per i neofiti e
per chi ha un semplice orto casalingo, ma la riuscita dipende dal rispetto delle
procedure elaborate da studiosi e appassionati negli ultimi 40 anni. Questa
tecnica non deve essere considerata come un trattamento unico, ma deve essere
integrata in una nuova visione del modo di operare in agricoltura. Innanzi
tutto, è fondamentale l’apporto di sostanza organica attraverso un
arricchimento della componente umica del terreno, quindi sostituire la
concimazione chimica con quella naturale (compost, pacciamatura naturale, letame)
consentirà di ristrutturare il terreno, renderlo più equilibrato e aumentare l’efficacia
di quegli interventi come la solarizzazione e di altre tecniche agronomiche
ecosostenibili. Non è esatto parlare di una tecnica pienamente ecosostenibile
perché i materiali impiegati per la realizzazione dei film trasparenti non sono
certo naturali, parliamo di polietilene, polivinile e
l’etiltetrafluoruroetilene, anche se l’evoluzione delle bioplastiche ci ha
regalato i primi teli biodegradabili e compostabili migliorando l’aspetto
ambientale e portando questa tecnica verso la piena compatibilità ambientale.
La solarizzazione comporta diversi vantaggi immediati: viene eliminata una
parte consistente degli organismi patogeni e anche di quelli concorrenti (piante
infestanti), il suolo fornisce una maggiore quantità di elementi disponibili
per la crescita delle piante (azoto, magnesio, potassio, calcio, ecc),
diminuisce il lavoro dedicato al diserbo, non lasciamo alcun residuo chimico
sul terreno che potrebbe essere assimilato dalle coltivazioni. L’effetto della
solarizzazione è massimo alla superficie del suolo e diminuisce con la
profondità. Per dare un’idea, la temperatura massima raggiunta dal suolo nei
primi 7-10 cm di profondità si aggira intorno ai 40-60°, mentre a 30-40 cm si
raggiungono temperature tra i 30-40 °, quindi l’azione più efficace si compie
nei primi 10 cm di terreno. Il momento migliore per operare con questa tecnica
sono i mesi estivi, da giugno ad agosto. Il terreno deve essere ben lavorato,
soffice ed irrigato abbondantemente perché l’acqua conduce meglio il calore
aumentando l’efficacia del metodo. I teli di plastica trasparente utilizzati
dai professionisti sono trattati in modo da favorire il passaggio delle
radiazioni solari, ma per un utilizzo casalingo può essere utilizzato un normale telo
trasparente in plastica non troppo sottile (la plastica sottile è più efficace
nel trasmettere la radiazione solare, ma si rompe molto facilmente sotto l’azione
del vento e degli animali). Una variante di questa tecnica è l’utilizzo di teli
di plastica nera che inibiscono la crescita delle infestanti (funzionano come
un telo pacciamante), lo svantaggio è che si allunga il periodo per rendere
efficace la solarizzazione. Per piccole
aree trattate: un piccolo giardino o un prato in climi freddi, può essere utile
utilizzare un doppio strato di plastica con una intercapedine creata con oggetti
come bottiglie di plastica o tubo in PVC tra gli strati. Questo comporta un
ulteriore aumento della temperatura tra 2 ° e 10 ° C rispetto alla temperatura
ottenuta con un singolo strato di plastica trasparente. Questa tecnica può
essere utilizzata anche per vasi e contenitori, ma viene usata anche per
sterilizzare il terreno inserendolo all'interno di buste di plastica nera che raggiungono, esposte costantemente al sole, temperature
molto elevate e con un efficacia molto maggiore rispetto al campo aperto, perché
la diffusione del calore all'interno di un sacchetto confinato è ovviamente molto superiore rispetto ad un terreno che è confinato dal telo solo superiormente. La tecnica della busta di plastica nera viene usata anche per sterilizzare compost che potrebbero presentare problemi di patogeni (ad es. compost da escrementi di animali domestici).
Chiaramente
non è la panacea di tutti i mali, la percentuale degli organismi eliminati è
elevata ma non totale, le infestanti che hanno rizomi profondi sfuggono all'azione sterilizzatrice della solarizzazione, alcuni funghi non sono sensibili all'aumento di temperature, i nematodi sono molto mobili e possono sfuggire all'azione della temperatura, inoltre alcuni semi di infestanti hanno un’elevata resistenza al calore. Però, dobbiamo considerare che la tecnica è estremamente
semplice, rapida, ecologica e procura indubbi vantaggi con pochissimo sforzo.
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