domenica 31 marzo 2013

Geotermia ad alta entalpia

Per geotermia ad alta entalpia si intende il calore prodotto dal nostro pianeta per effetto del decadimento di isotopi radioattivi o per vicinanza di ammassi magmatici. Le potenzialità del settore geotermico sono assolutamente sottovalutate, anche trascurando il calore proveniente dalle porzioni più profonde della crosta terrestre, che allo stato attuale non sono raggiungibili o comunque non sono economicamente convenienti, l'energia ricavabile dal sottosuolo potrebbe essere centinaia di volte maggiore di quella attualmente necessaria per tutte le attività antropiche del nostro pianeta. La geotermia deve essere fortemente sostenuta, non solo perchè ci fornirebbe energia per i prossimi 4000 anni senza necessità di ricorrere ad altre fonti rinnovabili o fossili, ma anche perchè in rapporto alla quantità di energia prodotta gli impianti dedicati occupano una superficie assai ridotta. Per un impianto da 5 MW, l'estensione areale può essere contenuta in una superficie minore di un ettaro; per un equivalente impianto fotovoltaico è necessaria un'area dieci volte maggiore. Per quanto riguarda l'eolico oltre all'area occupata abbiamo un impatto visivo notevole anche a molti chilometri di distanza. Un altro vantaggio della geotermia è che la produttività dell'impianto è continua, mentre per l'eolico è legata alla presenza di vento e nel fotovoltaico è esclusivamente diurna. Naturalmente, esistono degli aspetti negativi nella realizzazione di un impianto geotermoelettrico, ad es. la risalita di gas H2S che ha un odore di uova marcie, inoltre un impianto di questo genere è un vero e proprio stabilimento industriale il cui impatto visivo non è certo da considerarsi dei migliori. Nel primo caso si utilizzano dei filtri che abbattono le emissioni odorigene, mentre per quanto riguarda l'impatto visivo si ricorre a tecniche di architettura paesaggistica che isolano visivamente questi impianti (green belt ad es). Per sfruttare queste risorse sono necessari studi costosi e molto approfonditi (in tutti i sensi) per comprendere la sussistenza delle condizioni geologiche del fenomeno geotermico. Innanzitutto il gradiente geotermico (il tasso di aumento della temperatura con la profondità) deve essere tale da garantire le temperature necessarie per sfruttare il fenomeno (100-200° ), mediamente il gradiente geotermico è di 3° ogni 100 metri di profondità, ma ogni zona ha un suo caratteristico gradiente a seconda della geologia che lo caratterizza. Va da sé che più alti sono i tassi di aumento delle temperature, maggiori sono le potenzialità geotermiche della zona. Inoltre, Per giungere in superficie il calore ha bisogno di un vettore fluido (acqua o vapore), naturale o iniettato, che deve poter fluire in gran quantità in rocce porose e permeabili (rocce serbatoio), queste a loro volta devono essere protette da rocce impermeabili (copertura) che impediscano o limitino la dispersione dei fluidi e del calore. Da quanto detto si comprende quanto sia importante lo studio geologico della zona prescelta per verificare l’esistenza di tutte queste condizioni. Le tipologie di impianto geotermico sono diverse in funzione di svariati fattori inerenti la sorgente geotermica individuata, la temperatura dell’acqua, la presenza o meno di vapore, ecc. 
www.uniurb.it
Nel caso in cui la centrale sia installata in un campo “a vapore secco” (come quello di Larderello), il vapore è inviato direttamente alla turbina, all’uscita da questa, il vapore esausto viene condensato e depurato dei gas incondensabili, mentre l’acqua di condensa può venir dispersa in superficie o reiniettata nel sottosuolo. Quando invece, si tratta di campi “ad acqua dominante”, la miscela acqua/vapore che fuoriesce dal pozzo geotermico, è sottoposta ad un processo di separazione dal quale si ottiene il vapore che sarà inviato alla turbina ed un’alta percentuale di acqua (30-80% del totale) che verrà dispersa o reiniettata.

lunedì 25 marzo 2013

Transition town

"La Transizione è un movimento culturale impegnato nel traghettare la nostra società industrializzata dall'attuale modello economico profondamente basato su una vasta disponibilità di petrolio a basso costo e sulla logica di consumo delle risorse a un nuovo modello sostenibile non dipendente dal petrolio e caratterizzato da un alto livello di resilienza" (Transition Italia).
Se il concetto di transizione appare subito chiaro dalla definizione sopra riportata, di certo la resilienza necessita di qualche spiegazione.
"La resilienza è la capacità di un sistema naturale, di una specie o di una certa organizzazione di adattarsi ai cambiamenti, anche traumatici, che provengono dall'esterno senza degenerare, una sorta di flessibilità rispetto alle sollecitazioni".
Lo scopo principale del concetto di transizione è quello di costruire un nuovo livello di consapevolezza riguardo argomenti come la sostenibilità degli insediamenti antropici e preparare le persone ad un rapido adattamento all'approssimarsi di un’epoca in cui la progressiva diminuzione dell’energia di tipo fossile comporterà un radicale cambiamento delle abitudini di vita. Per raggiungere questo scopo le comunità sono incoraggiate a ricercare metodi per ridurre i consumi di energia e incrementare la propria autonomia a tutti i livelli. Esempi di iniziative riguardano la creazione di orti comuni, riciclaggio di materie di scarto come materia prima per altre filiere produttive, compostaggio, valorizzazione delle economie locali, introduzione di monete locali, valorizzazione dello scambio non basato sul denaro, rivalutazione della sapienza degli anziani per riappropriarci delle competenze perdute, recupero dei valori di solidarietà tra concittadini e tutte le altre iniziative che portano ad una diminuzione del peso energetico delle comunità. Questo percorso genera una spirale positiva che porta alla realizzazione di un'esistenza più soddisfacente, più equa e più integrata socialmente.
Infatti, il cardine del movimento delle Transition Town è l'idea che una vita senza petrolio può in realtà essere più godibile e soddisfacente dell'attuale. 
"Ragionando fuori dallo schema corrente, possiamo in realtà riconoscere che la fine dell'era di petrolio a basso costo è un'opportunità piuttosto che una minaccia, e possiamo progettare la futura era a bassa emissione di anidride cabonica come epoca fiorente, caratterizzata da flessibilità e abbondanza - un posto molto migliore in cui vivere dell'attuale epoca di consumo alienante basato sull'avidità, sulla guerra e sul mito di crescita infinita".  

lunedì 11 marzo 2013

Decrescita


Il termine Decrescita è forse un po’ infelice perché viene inteso esclusivamente nella sua accezione negativa. In realtà, la Decrescita è un concetto molto ampio e variegato che mette in primo piano le persone e la natura e non i macrosistemi economici, come avviene invece con il termine crescita. Quello che intendo dire è che il concetto di Decrescita non è l’opposto di crescita perché i soggetti interessati sono diversi. La crescita è basata sul consumo continuo di beni materiali ed ha un riflesso positivo sul prodotto interno lordo, ma il benessere sociale non è sempre proporzionale al PIL. Spesso viene lasciato intendere che il PIL sia un parametro oggettivo che misura il benessere di una società: grave errore, perché è sicuramente un indice quantitativo ma non esiste un collegamento tra crescita e benessere della popolazione. Ad esempio Cina e India sono i paesi che ultimamente hanno sfornato crescite mostruose, ma le condizioni di vita dei cinesi e degli indiani non sono certo migliorate: orari di lavoro massacranti, inquinamento devastante, condizioni sociali spaventose, povertà che non ha certo allentato la morsa sulle popolazioni che quindi sono ben lontane dal raggiungimento del benessere. La Decrescita è un pensiero filosofico, politico, sociale ed economico che in definitiva mira a una diminuzione intenzionale, selettiva e controllata della produzione di beni e consumi, finalizzata al raggiungimento di un equilibrio nelle relazioni tra uomo e natura e nei rapporti tra gli esseri umani. Naturalmente, quest’obiettivo è perseguibile solamente cambiando radicalmente il modo di pensare, di vivere, di fare politica ed economia. Certo non è poco e non è facile, ma come recita una famosa citazione di K. Boulding “Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista”. In italia esiste il Movimento per la Decrescita Felice fondato da Maurizio Pallante, sul sito troverete maggiori informazioni sulla Decrescita MDF

sabato 2 marzo 2013

Bokashi


Il bokashi non è un metodo di compostaggio, ma qualcosa di profondamente diverso, a partire dagli elementi che agiscono nella trasformazione della sostanza organica. Il compostaggio è un processo aerobico che sfrutta i processi di ossidazione degli scarti tramite organismi che proliferano in presenza di ossigeno. Il bokashi è una tecnica orientale che avviene in assenza (o quasi) di ossigeno, in altre parole è un processo anaerobico, una vera e propria fermentazione della sostanza organica. Il compostaggio ci restituisce un prodotto finito che può essere utilizzato direttamente sui terreni o nei vasi, il bokashi produce della materia digerita dal processo di fermentazione che ha delle caratteristiche fisiche e chimiche che non consentono l’utilizzo diretto come ammendante o concime. Infatti, il prodotto fermentato è acido e molto ricco in azoto e deve essere seppellito per completare il processo di trasformazione. Solitamente ci vuole una settimana di maturazione nel terreno, per avere un prodotto stabile che può essere mischiato alla terra dell'orto o al terriccio dei vasi. Il processo di fermentazione è svolto da una serie di microorganismi tra i quali il lactobacillus serum e alcuni lieviti, pur essendo un processo naturale con componenti naturali, la particolare miscela di microorganismi è un po’ complessa e si trova per lo più in vendita sui vari siti internet che trattano l’argomento, però è possibile realizzare in casa la preziosa miscela attivante, anche se non è proprio facilissimo (in uno dei prossimo post metterò la traduzione da un documento in inglese per la preparazione della miscela). Una volta ottenuto lo starter (comprato o autoprodotto) è necessario predisporre il contenitore; anche in questo caso su internet sono disponibili diversi modelli di fermentatore, si tratta in sintesi di un contenitore a tenuta con un cestello interno e un rubinetto alla base. Naturalmente, anche in questo caso il fai da te sostituisce egregiamente i prodotti commerciali. I rifiuti devono essere sminuzzati e inseriti nel cestello all’interno del contenitore poi vengono compattati e ricoperti dalla miscela attivante. Durante il processo, i rifiuti producono un liquido molto ricco in vitamine, amminoacidi e sali minerali che viene spillato attraverso il rubinetto e può essere utilizzato come concime diluito in acqua (1 tazza da te in 2-3 litri di acqua). Ogni volta che aggiungiamo gli scarti si deve spargere sopra la miscela di microorganismi. A differenza del compostaggio, un vantaggio non trascurabile del bokashi è che possiamo utilizzare tutti gli scarti di cucina, compresi oli, carni cotte, formaggi, bucce di agrumi, ecc. Un aspetto molto importante è la temperatura che deve essere compresa tra i 20 e i 35 gradi. Il bidone non deve essere esposto ai raggi solari e una volta riempito si deve lasciare chiuso a fermentare per 7-10 giorni. Se la temperatura è più vicina al limite inferiore del suddetto intervallo, lasceremo fermentare per 10-12 giorni, in estate è sufficiente una settimana. Durante questo periodo di fermentazione è necessario spillare, ogni due tre giorni, il liquido che si forma all'interno del contenitore. Una volta completato il processo, i rifiuti si saranno trasformati ed avranno un odore acidulo (tipo crauti), prendete il tutto, scavate una buca in giardino e versate all’interno il digestato. Alla fine ricoprite di terra e i microorganismi presenti nel terreno completeranno il lavoro. A questo punto il materiale può essere lasciato nel terreno come concime, oppure può essere dissotterrato e miscelato ad altra terra da utilizzare nelle varie coltivazioni. Per chi vuole fare il bokashi in appartamento, quest’ultima fase può essere realizzata mettendo il digestato all’interno di un grosso vaso con del terriccio e del compost che provvederanno ad operare le necessarie trasformazioni. Questa tecnica, una volta compresa, può diventare molto importante per tutti noi perché ci consente di ottenere un prodotto di alta qualità per il nostro orto/giardino o per i nostri vasi, ma soprattutto ci rende consapevoli che una piccola azione, fatta da una moltitudine di persone, diventa un potente strumento collettivo che evita la dispersione della sostanza organica, scongiura l’inquinamento delle falde con i percolati delle discariche, limita i costi per il conferimento in discarica ed infine elimina completamente il bisogno di utilizzare fertilizzanti chimici nei nostri terreni, restituendoci prodotti della terra sani, nutrienti e rigogliosi.

Amsterdam: una città a misura di ape

Il declino inesorabile delle popolazioni di insetti a livello mondiale viene ormai considerato il prodromo di una vera e propria estinzione...