Molte
volte la natura ci mette sotto gli occhi delle meraviglie che noi non
consideriamo nemmeno. Molte piante con caratteristiche e proprietà
eccezionali sono considerate alla stregua di erbe infestanti e
vengono estirpate dal terreno e buttate. La Portulaca oleracea ad
esempio, è una piantina invadente che tutti conosciamo perché i
nostri giardini e orti sono spesso colonizzati da questa piccola erba
prostrata con fusti e foglie carnose che continua caparbiamente a
crescere nonostante la si calpesti ed estirpi continuamente. La
Portulaca era conosciuta in Italia e Francia già dall'inizio del XVI
secolo, visto che nel 1536 Ruellio la descriveva nei suoi scritti, ma
è originaria del medio-oriente, più precisamente proviene da quella
fascia che va dalla Grecia fino alla Cina. Usata a scopo alimentare
in India, Africa e Medio Oriente. Una specie simile, Portulaca
quadrifilia, viene utilizzata da alcune tribù del Sudafrica per
le sue proprietà antiemetiche. La sua facilità nel propagarsi,
unitamente alle sue scarse pretese di habitat e nutrimento, l'ha resa
ubiquitaria (sopra i 1000 metri di quota però non cresce);
generalmente la troviamo in pieno sole su diversi tipi di terreni,
asciutti, erbosi, sabbiosi, con una preferenza per i terreni ricchi
in azoto. Data la grande quantità di semi che produce sul finire
dell'estate, è sufficiente un solo esemplare per avere l'anno
successivo decine di piantine in un raggio di 10 metri dalla pianta
madre. Per la sua consistenza carnosa la portulaca è chiamata anche
Porcellana (ma anche porcacchia, erba grassa, precacchia, ecc), le
foglie sono di un colore verde brillante e di forma ovale e si
raccolgono in piena estate. La portulaca detiene un singolare
primato, è il vegetale più ricco di omega 3, è questo basterebbe
già a considerare in modo benevolo il consumo alimentare di questa
pianta. Più precisamente 100 grammi di foglie di portulaca
contengono all'incirca 350 mg di acido alfa-linolenico che un acido
grasso facente parte del gruppo degli omega 3. Gli omega 3 aiutano a
ridurre il colesterolo LDL e i trigliceridi e migliorano la
circolazione sanguigna. Diciamo che consumando regolarmente la
portulaca si potrebbero evitare fonti di omega 3 di origine animale
(pesce). Ma le sorprese di questo simpatico vegetale spontaneo non
finiscono qui, le foglie sono sono ricche di vitamina E (700 mg per
100 g di pianta fresca), hanno un buon contenuto di vitamina C,
vitamina A, riboflavina, niacina e piridossina (vitamine del gruppo
B). Sono, inoltre ricche di sali minerali (ferro, magnesio, calcio,
potassio, fosforo, zinco, selenio, rame e manganese), fibre vegetali
e mucillagine. Cosa che non guasta contiene pochissime calorie (16
kcal per 100 g). Ha forti proprietà depurative, antiossidanti
(fornite dalla vitamina A), antielmintiche, dissetanti, diuretiche e,
recentemente, è stata scoperta la sua capacità (grazie agli
antiossidanti) di prevenire diverse forme tumorali. In passato, vista
la ricchezza di vitamine veniva utilizzata nella cura dello scorbuto,
ma è stata utilizzata anche in molte malattie polmonari e della
pelle. Contro le gengive infiammate sono utili gli sciacqui con
l'infuso o la masticazione di foglioline fresche; compresse e lavaggi
per pelle arrossata e orticaria.
venerdì 21 agosto 2015
mercoledì 12 agosto 2015
Mosche della frutta e lombrichi
Uno degli inconvenienti (pochi) che si possono presentare durante la gestione della lombricompostiera è la presenza delle uove di mosca della frutta negli scarti vegetali che diamo come cibo ai nostri amici anellidi. La conseguenza è che dopo qualche settimana troviamo la compostiera invasa dal fastidioso volare di decine di giovani mosche della frutta. La presenza di mosche della frutta non è certo un problema per i lombrichi, le due specie non sono in concorrenza ambientale o alimentare, però è chiaro che sono una presenza fastidiosa per noi umani e l'inconveniente diventa più sgradevole se teniamo i lombrichi in casa. Fortunatamente la soluzione è abbastanza semplice ed efficace: la prima cosa da fare è ricordarsi sempre di seppellire le razioni di cibo nella compostiera; questa operazione limita sia la nascita delle mosche sia il richiamo operato dagli odori emanati della frutta sugli esemplari adulti. Ma se vogliamo eliminare alla radice il problema possiamo mettere in atto la seguente strategia: quando finiamo i pasti, tagliamo a piccoli pezzi i resti della frutta o della verdura e mettiamoli dentro un contenitore in plastica (quelli che contengono la frutta o la verdura nei supermercati), poi infiliamo il contenitore nel congelatore e lo conserviamo fino a quando non dobbiamo nutrire i lombrichi.
Le basse temperature “sterilizzano” gli scarti eliminando le uova di mosca della frutta e di altri insetti. Anche un rapido passaggio nel micro onde elimina le uova, scegliete il metodo a voi più congeniale. Usciamo dal congelatore il contenitore pieno di scarti e lasciamolo scongelare per qualche ora. Possiamo anche prelevare solo la razione per i lombrichi e rimettere il contenitore nel congelatore, oppure possiamo avere più piccoli contenitori mono dose. A questo punto possiamo mettere gli scarti nella compostiera avendo sempre cura di seppellirli all'interno della lettiera. In questo modo si elimineranno gli odori, non verranno attirati altri insetti e non ci saranno più ospiti indesiderati che svolazzano nella compostiera.
mercoledì 5 agosto 2015
Gelo di melone, come recuperare un'anguria senza sapore
L'anguria
a casa mia è stata da sempre considerata un must, i miei ricordi di
infanzia, pur scoloriti, si ravvivano al pensiero dell'anguria
portata a casa da mio padre. La conservava con cura in frigorifero,
fino al raggiungimento della temperatura ottimale e dopo il generoso
pranzo domenicale avveniva il rito di apertura del frutto e nel
malaugurato caso che l'anguria fosse insapore seguiva un immancabile
anatema per l'avventato fruttivendolo che aveva osato buggerare mio
padre. In quella funesta circostanza l'intero e succoso frutto finiva
paro paro nel cassonetto dell'immondizia con profusione di contumelie
nel tragitto casa-cassonetto-casa da parte di mio padre (sempre
indirizzate al fruttarolo). Questi episodi sono riemersi dal mare
pallido dei ricordi perché ieri ho comprato un'anguria che sembrava
promettente, con la sua buccia liscia di colore verde con varie
striature e chiazze più chiare; ma già all'apertura, nonostante
l'interno di colore rosso acceso, mi sono reso conto che c'era
qualcosa che non andava, non si sentiva il profumo solare e
zuccherino della polpa della cucurbitacea, al suo posto il nulla
assoluto, sembrava di plastica. Decido allora di assaggiarla e,
niente, non c'era nulla da fare, il sapore era quello delle
famigerate angurie di mio padre: acqua fresca, anzi non era nemmeno
fresca perché l'avevamo appena comprata. A questo punto il dilemma
era: prendo quattrochiliduecentocinquanta grammi di cocomero e lo
getto nell'immondizia, anzi nel compost, oppure cerco qualche modo
per utilizzare l'insipida polpa. Ci voleva qualcosa a base zuccherina,
almeno avrebbe dato un sapore a quella pallida copia di un'anguria.
Dopo brevissima riflessione ho identificato la ricetta per il
recupero culinario del citrullo (beh se non lo sapete citrullus è il
nome scientifico dell'anguria): il gelo di melone, ovvero la
gelatina o budino di anguria, ricetta tipica della pasticceria
siciliana. Le caratteristiche della ricetta riparatoria c'erano
tutte: per prima cosa non era elaborata, in questi frangenti sei
sempre preso alla sprovvista e serve qualcosa di semplice. Seconda
cosa importantissima: nella ricetta lo zucchero viene dosato in
funzione della nota zuccherina dell'anguria (in questo caso assente),
per cui viene dato un range di peso di zucchero. Ovviamente, il
limite inferiore era previsto per angurie inopinatamente dolci,
mentre il limite superiore per quelle lisce e senza sapore.
Naturalmente, in questo caso ho dovuto utilizzare il limite superiore
dell'intervallo. Terza cosa, non meno importante: ERA UN DOLCE!
Una
volta realizzata la ricetta mi sono reso conto che a volte non è
necessario andare a scovare particolari e ricercate ricette di
eco-cucina, in tanti casi la soluzione sta nella saggezza della
nostra storia e della nostra gente. La cucina popolare è
evidentemente una cucina antispreco, la gente non poteva certo
permettersi di buttare preziose risorse e in cucina cercava di
ottenere il minimo sfrido, utilizzando tutte le parti degli
ingredienti e cercando di recuperare quelli che magari non erano di
prima qualità come la mia anguria.
Il
gelo di melone è venuto buonissimo, lo zucchero ha risvegliato
l'umore dolce dell'anguria che ha ricordato di avere un profumo, ho
evitato di buttare nella spazzatura quasi cinque chili di cocomero e
mi sono sollazzato con un dolce straordinario della tradizione
siciliana. Per tutti questi motivi questa ricetta assurge a regina
per un giorno della cucina di riparazione. Ecco a voi la ricetta del
gelo di anguria o gelo di melone o meglio ancora, come dicono a
Palermo, gelo di mellone con due elle.
Ingredienti
- Un litro di succo di anguria
- 100-200 g di zucchero (in base alla dolcezza naturale del succo)
- 90 g di amido di frumento
- Cannella in polvere q.b.
- Pistacchi tritati q.b.
- Gocce di cioccolato (facoltative)
- Zuccata a dadini (facoltativa)
Tagliare
a pezzi un’anguria e passarla fino a estrarne un litro di succo.
Filtrare il succo per eliminare i semi e versarlo poco per volta in
una pentola, mescolandolo all’amido di frumento setacciato fino a
ricavare una crema liquida.
Unire
al composto lo zucchero, porre la pentola sul fornello a fiamma
moderata e mescolare con cura fino a quando il gelo di anguria
non si addenserà e assumerà un colorito più intenso (10-15
minuti).
Trascorso
questo tempo, togliere il gelo dal fuoco e metterlo a raffreddare in
un altro recipiente. Quando sarà diventato sufficientemente freddo
unirvi la zuccata a dadini e le gocce di cioccolato e versare il
tutto in delle coppette.
Fare
raffreddare il gelo di anguria in frigorifero per il tempo necessario
affinché assuma più o meno la consistenza di un budino e infine
guarnire con una spolverata di cannella, qualche altra goccia di
cioccolato e la granella di pistacchio prima di servire. Ci sono diverse varianti nella guarnizione in base alla zona e alla tradizioni locali, granella di mandorle, chiodi di garofano, fiori di gelsomino, l'acqua di fiori di arancio o gelsomino, granella di pistacchi e anche canditi.
Ricetta
tratta da www.dolcisiciliani.net
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