Realizzazione di una griglia di Zai. Fonte Farming Africa |
Ci
sono posti sul nostro pianeta che definire inospitali è poco, posti dove far
crescere un filo d’erba nel terreno rappresenta un’impresa epica degna di
celebrazioni e onori. Roba da far impallidire anche il protagonista del romanzo
di Andy Weir (The martian) che, abbandonato dai suoi colleghi su Marte, riesce a sopravvivere
aguzzando al massimo l’ingegno, riuscendo a far crescere le patate dove era
impossibile crescessero. L’uomo è una specie indubbiamente invasiva e distruttiva,
ma ha il pregio che nelle difficoltà riesce sempre a trovare una via di uscita,
anche in situazioni tragiche. Chissà come si sono sentiti gli antichi abitanti del Sahel, una regione occidentale
del Burkina Faso, quando si sono ritrovati a coltivare lande bruciate dal sole,
battute da rarissime e comunque violente e distruttive piogge, caratterizzate
da suoli aridi e incrostati, inadatte ad ospitare la vita vegetale. Eppure,
anche in questo caso, l’ingegno e la caparbietà umana hanno avuto la meglio sul
degrado e sulla devastazione. Gli uomini del Sahel hanno cominciato ad
utilizzare quello che avevano a disposizione (pietre, legni, fascine) per
migliorare le condizioni colturali, costruendo strutture atte a trattenere
l’umidità oppure a condensarla dall’aria, ma è stato quando non c’era
assolutamente niente a disposizione attorno a loro, quando l’unico elemento che
avevano era il suolo reso durissimo dai crostoni salini, è stato in quel frangente che hanno avuto
un’idea rivoluzionaria, semplice ed efficacissima: lo ZAI.
Lo
zai è una struttura negativa, ma forse se dico che è una buca rendo meglio
l’idea. In realtà non è una buca, ma una griglia di piccole buche che vengono
scavate secondo una maglia con un passo di 70-80 cm, profonde 15-20 cm e larghe
20-25 cm. Le buche vengono riempite parzialmente con il letame secco e questo
ha un primo effetto sul terreno degradato: l’aumento della sostanza organica
immediatamente disponibile e l’instaurarsi di condizioni ambientali tali da
favorire il ripristino della fauna microbica positiva (oltre
ad attirare insetti ed altri invertebrati utili). Un’altra immediata conseguenza
favorevole è la rottura dei crostoni salini che impediscono l’infiltrazione
delle acque e rendono i terreni assolutamente
inadatti alla coltivazione. Lo zai, inoltre, raccoglie e concentra la poca
acqua a disposizione in prossimità della pianta che così può facilmente
nutrirsi evitando gli stress da mancanza di umidità. Una volta realizzata la
rete di zai il terreno riesce a trattenere meglio le scarse precipitazioni, il
metodo risulta estremamente efficace nei terreni in leggera pendenza (<5%).
Le piogge, anche se violente, invece di ruscellare ed allontanarsi dal pendio
coltivato, cadono dentro le buche che vengono riempite, una volta piene,
l’acqua non può fare altro che infiltrarsi nel terreno andando a nutrire la
pianta ospitata nello zai e rimpinguando anche le scarse falde freatiche
presenti nel sottosuolo. La buca diminuisce anche l’evaporazione dell’acqua
trattenendo meglio l’umidità intorno le radici della pianta. Una rete di zai
può contribuire a rendere meno devastante l’effetto sul terreno delle precipitazioni parossistiche
(qua le chiamiamo bombe d’acqua) che sono frequenti in questi paesi. La
presenza di questa rete di buche diminuisce l’energia e la portata delle acque
di ruscellamento diminuendo, quindi, anche le conseguenze distruttive (erosione, movimentazione di inquinanti, ecc.).
Può sembrare una sciocchezza, in
fondo sono solo dei buchi nel terreno, ma gli studi fatti su questa ancestrale
tecnica di recupero dei terreni hanno dimostrato che gli zai trattengono il
500% in più di acqua rispetto ai terreni che non vengono trattati con questa tecnica e che la
produttività dei terreni aumenta di un fattore pari a 10, cioè se un terreno
produce 100 chili di patate, con gli zai si arriva a 1000 kg! In realtà la
produttività è ancora maggiore se viene applicato un ammendante organico.
Questa low technology può essere applicata su tutti i suoli sabbiosi ed argillosi,
preferibilmente con pendenze inferiori al 5%. Ulteriori effetti positivi che
devono essere evidenziati sono relativi alla salute generale dei suoli che
recuperano integralmente la loro fertilità e la loro struttura e alla
circolazione idrica sotterranea che viene alimentata tramite la lenta
percolazione dell’acqua. Questa pratica ancestrale è diffusa anche nel Mali e
nel Niger dove viene chiamata Tassa ma purtroppo è sconosciuta nel resto del
continente africano, però vista l’efficacia la FAO e altre organizzazioni
stanno tentando di diffondere questa usanza anche in altre zone e in altri
continenti. Talvolta la soluzione più semplice è quella migliore, quella che
non ha bisogno di costruire qualcosa, ma soltanto di togliere…
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