lunedì 10 novembre 2014

La via dell'autosufficienza

Rendersi autosufficienti dal punto di vista alimentare ed energetico è un obbiettivo che molte persone si pongono, diventare autosufficienti può essere la risposta alle grandi sfide del nostro tempo. Mentre pochi oligarchi dell’economia cercano in tutti i modi di renderci dipendenti da bisogni effimeri e omologati, ci sono molte persone che vogliono tagliare questo malsano cordone ombelicale e crearsi la propria indipendenza. Non è un’aspirazione solo materiale, non è solo un modo per risparmiare e mangiare sano, è la via per sottrarsi a un ingranaggio che stritola le nostre vite, le condiziona in modo totalizzante e non consente di prendere piena consapevolezza delle proprie esistenze. L'autosufficienza è uno stato mentale, è la messa in pratica di un pensiero filosofico che non si esplicita necessariamente nella realizzazione di una enclave produttrice di beni e servizi ad esclusivo uso e consumo personale, ma al contrario, significa condivisione, generosità, mutuo aiuto.  Una parte della società è pronta a mettersi in gioco e a cambiare il proprio stile di vita e pensa che per cambiare il mondo è necessario partire da un radicale cambiamento personale interiore, questa parte minoritaria della società ha scelto di affrancarsi da tutto ciò che è omologazione e massificazione, da tutto quello che viene dato per scontato perché imposto da un modello sociale scelto da altri. Questo non significa necessariamente rifiutare tutto il mondo esterno per rifugiarsi in un isolamento spaziale e temporale, vuol dire, invece, ritrovare una dimensione umana che è ormai dissolta e frammentata dai condizionamenti forzati di una società insensibile e violenta che è dominata dal profitto e dagli interessi personali. 
Chi cerca l’autosufficienza si sforza di ritrovare una sfera emotiva e sentimentale che è necessaria non solo alla comunità ma anche e soprattutto all'individuo. Autoprodurre non significa meramente soddisfare i propri bisogni primari, vuol dire, invece, entrare in sintonia con la natura, sentirsi parte di una comunità che ha come primo obbiettivo quello di non entrare in contrasto con il fluire naturale delle cose, di rientrare in contatto con la madre terra e conservare per le generazioni future il nostro pianeta. Non è certamente facile, il condizionamento orwelliano incessante dei media ci ha creato un mondo fatto di finzione in cui apparire è meglio di essere, in cui i soldi sono la divinità assoluta, in cui il carrierismo sfrenato è l’unica ambizione che l’uomo deve porsi per affermare la propria esistenza. In un simile contesto chiunque la pensi in modo differente viene considerato un reietto e un fallito, isolato e messo ai margini della società. Questo atteggiamento è il frutto malato della società che ci meritiamo, è la giusta conclusione di un martellamento costante che ci ha convinto che il PIL delle nazioni è molto più importante del benessere dei popoli e dove l’affermazione sociale, anche (e soprattutto) a discapito degli altri, è il comandamento primario che viene inculcato alle nuove generazioni. Autoprodursi il cibo è un primo passo verso l’autosufficienza, cominciando con il proprio orto familiare si riducono i rifiuti (confezionamento dei cibi), l’inquinamento (carburanti e concimi chimici), si limita la dipendenza da multinazionali, si aumenta il nostro peso sociale perché un cittadino indipendente è anche un cittadino più libero, contribuiamo a rendere più sano e salutare il nostro ambiente, riduciamo in generale il consumo di energia, ripristiniamo il contatto con la terra e con l’alternarsi delle stagioni. Dall’autoproduzione nascono tante dinamiche virtuose come il baratto con altri produttori, la condivisione delle esperienze con altre persone, la creazione di una comunità basata sulla conoscenza e sull'aiuto reciproco. Produrre qualcosa che serve per nutrirci non è una semplice soddisfazione hobbistica, è qualcosa di molto più profondo che ha a che fare con l’autostima, la coscienza di sé e della natura di cui facciamo parte, con il donare agli altri ma anche a se stessi. Non tutti hanno a disposizione del terreno da coltivare ma sono possibili tante soluzioni, ad es. gli orti urbani che si stanno diffondendo nelle nostre città, oppure, tramite altre persone che hanno il vostro stesso intento, si può affittare un appezzamento di terreno incolto a poco prezzo. Anche se avete solo un balcone o un terrazzo, potete organizzare il vostro spazio in modo da coltivare ortaggi e spezie, quest'ultima opzione non vi renderà autosufficienti ma vi assicuro che in cambio avrete delle belle soddisfazioni, proprio come Cristina che condivide la sua passione tramite un bellissimo blog da cui potrete trarre ottimi spunti (www.ilmioortosulbalcone.com). A presto.

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