mercoledì 18 marzo 2015

Olio di palma, condanna senza attenuanti

Da qualche mese la normativa europea ha reso più chiare le etichette dei prodotti alimentari e immediatamente  la marachella dei grandi produttori di merendine, dolci da forno e creme è saltata fuori: sotto la vaga e nebulosa dicitura di “oli vegetali” si celava il famigerato olio di palma. Immediatamente è scattato il processo mediatico a questo poco gradito ingrediente del 90% dei prodotti da forno e delle creme (tra cui la più famosa di tutte che ne ha dentro un considerevole quantitativo), ma questa volta, purtroppo per il soggetto incriminato,  più che a indizi ci troviamo di fronte a una serie di prove schiaccianti e inconfutabili che portano ad un comprovato verdetto di colpevolezza e ad una condanna senza sconti.
 Cominciamo dal conoscere l’imputato, l’olio di palma è un olio vegetale saturo non idrogenato ricavato dai frutti degli alberi di palma (genere Elaeis), mentre dai semi si ricava l’olio di palmisto. Si usa in una miriade di prodotti alimentari e per la cura del corpo, si usa anche come combustibile e molto più semplicemente come olio per frittura. L’olio non raffinato si presenta di colore rossastro, di consistenza semisolida e con un gradevole profumo di violetta, raffinandolo, oltre a perdere gran parte delle sue qualità, diventa liquido e di colore giallognolo. Geograficamente proviene per lo più da paesi della fascia equatoriale. Perché viene usato così massicciamente dall’industria alimentare? Elementare Watson, costa pochissimo rispetto agli altri oli e inoltre, si mantiene neutro al gusto e conferisce una notevole morbidezza nelle merendine e spalmabilità alle creme. Perché tutti dicono che usarlo è un crimine contro l’umanità, il pianeta, gli esseri viventi animali e vegetali, i sassi, i mari, i laghi, le pozzanghere, eccetera eccetera? Elementare Watson, perché è così!  Ci sono talmente tante prove, studi e fatti incontrovertibili che ci dicono che usare l’olio di palma fa male alla salute, alle economie locali, ai contadini e all’ambiente che si spiega per quale motivo fino ad adesso la maggior parte delle aziende alimentari non palesavano la presenza di questo olio nella lista degli ingredienti preferendo trincerarsi dietro la rassicurante dicitura “oli vegetali”. Ma dato che tutti hanno diritto ad un processo, cominciamo a produrre le prove della colpevolezza dell’imputato, cominciando dai danni alla salute prodotti dall’olio di palma. Durante il processo di raffinazione vengono perse tutte le sostanze antiossidanti di cui questo olio è ricco, mentre si concentrano i grassi saturi (il 43%) che sono altamente dannosi per la nostra salute e dato che ci siamo accorti che  l’olio di palma viene utilizzato in gran parte dei prodotti che acquistiamo (merendine, biscotti e snack, creme) la quantità pro capite consumata da ogni individuo è considerevole – in particolar modo tra i bambini.
Oltre ai danni per il consumatore finale, i problemi causati dall’olio di palma cominciano dall’inizio della filiera, causando devastazione lungo tutto il percorso che lo porta dalla piantagione fino alle nostre case. I primi danni sono cominciati negli anni 90, quando le grandi multinazionali hanno capito le potenzialità di questo prodotto e con le loro politiche neocolonialiste si sono assicurate la complicità di governicchi locali (Sud-est asiatico e America del Sud) che hanno cominciato una deforestazione totale dei loro territori in favore della monocoltura della palma da olio. Conseguenze? Quelli immaginabili, totale devastazione di foreste pluviali fino a quel momento incontaminate e ricchissime di biodiversità, fortune nelle mani di pochissimi, contadini sempre più poveri, sfruttamento del lavoro minorile (la raccolta viene spesso fatta dai bambini per pochi spiccioli), centinaia di specie  in via di estinzione (tra cui gli oranghi, elefanti e la tigre di Sumatra), tribù indigene sterminate e sradicate dal territorio, costante impoverimento dei terreni, crescente inquinamento dovuto alla necessità di utilizzare costantemente pesticidi e concimi chimici.

Recentemente, visto il dilagare della protesta delle associazioni ambientaliste di tutto il mondo, è uscita fuori una certificazione biologica per l’olio di palma (RSPO Roundtable for Sustainable Palm Oil), premesso che l’olio di palma non può essere biologico per tutto quanto detto sopra, questa certificazione (ennesimo pezzo di carta) è stata creata dagli stessi soggetti che hanno provocato il disastro, quindi il suo valore è prossimo allo zero. Il verdetto di condanna è inevitabile e quando affondate il cucchiaino in una crema alla nocciole che contiene olio di palma riflettete sulle tribù dei Penan e dei Dayak, abitanti delle foreste del Borneo, che ogni giorno lottano e muoiono per il proprio territorio minacciato dalla deforestazione per fare spazio alla coltivazione delle palme, oppure provate a pensare a quei contadini di alcuni paesi sudamericani che sono stati trucidati dagli squadroni della morte perché protestavano per i propri diritti calpestati, provate a pensare a tutto questo, vedrete, quella crema sembrerà molto molto più amara.

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