mercoledì 23 marzo 2016

Ritorno al Futuro: come trasformare una banana in energia.



Oggi c'è chi usa proprio una buccia di banana per produrre energia.

A dir la verità, oltre alla buccia di banana, usa anche qualche buccia di papaya, un pò di tortillas secca e qualche altro scarto di cucina e con questo "combustibile" ogni giorno, senza effetti speciali, accende il fuoco e fa da mangiare per tutta la famiglia (tre persone).

Dai "combustibili" avete certamente capito che non siamo in Italia; in effetti questa singolare conversione energetica avviene nel Guatemale, nella piccola città di San Juan Alotenango- Sacatepequez .

Dietro a questo racconto c'è l'Università del Guatemala che ha deciso di dare una risposta operativa ai fabbisogni energetici dei villaggi guatemaltechi e in questo paesino ha realizzato le prime quattro cucine a biogas, alimentate dagli scarti di cucina di altrettante famiglie che per prime hanno aderito al progetto.

Il digestore è fatto da una tanca di polietilene da 750 litri con all'interno (capovolta) una tanca di diametro più piccolo, da 450 litri, che funge da gasometro in quanto si alza e si abbassa, in base al biogas prodotto.

La tanca principale contiene 300 litri di letame di mucca sciolti in circa 600 litri di acqua in cui sono stati aggiunti i microorganismi che fanno il piccolo miracolo energetico di trasformare la banana in metano.

Ogni giorno, si raccolgono tutti gli scarti di cucina, circa mezzo litro, si aggiunge 250 centimetri cubi di acqua e con un frullatore si fa una bella pappetta, si aggiungono altri 750 cc di acqua e il tutto si versa nel digestore. Un pari volume di fango digerito (1500 cc, un litro e mezzo) esce dal digestore ed è raccolto con cura perchè è un ottimo fertilizzante da usare nell'attiguo orto.


Quando si deve far da mangiare, si apre la valvola del gas, si accende il fuoco e la famigliola ha disposizione i cento litri di metano che gli servono ogni giorno per cuocere la pasta, prodotto dai 200 grammi di scarti giornalieri che erano stati messi nel digestore qualche decina di giorni prima.

Un primo bilancio di questa esperienza: gli impianti funzionano senza inconvenienti, sulla bolletta del gas le famiglie risparmiano circa 100 dollari all'anno, quindi anche senza gli attuali incentivi, l'impianto si paga dopo due anni e mezzo di attività, visti gli ottimi risultati altre famiglie vogliono passare al biogas autoprodotto.

Ci sono poi i vantaggi ambientali: tutto quello che prima era un rifiuto da smaltire ( l'umido putrescibile) è diventata una risorsa a rifiuti zero; per gli orti non sono più necessari concimi chimici e anche la foresta ringrazia, sia per la minore richiesta di legna da ardere, sia per il minor rischio di incendi; la separazione dell'umido si porta dietro anche la separazione e la raccolta differenziata degli altri scarti, che anche in questi remoti villaggi si comincia a fare.

Unico problema, gli odori per niente gradevoli al momento della prima carica di letame e al momento della produzione del primo biogas. Comunque, passato questa prima fase, neanche questo è più un problema in quanto, a regime, la combustione del biogas è inodore.

Un modello di sviluppo da paesi sotto sviluppati? Vedremo! Quello che vi posso dire è che in India, nei nuovi condomini, nei giardini sotto casa ci sono già biodigestori condominiali che funzionano nello stesso modo. Non è uno sfizio ecologista dei condomini ma le scelte obligatorie del piano regolatore.

Nel 2002 in Cina, India, Egitto si contavano 22 milioni di impianti domestici per la produzione e l'uso di biogas.

A quando nei nostri paesi avanzati e spreconi?

Se qualcuno di voi vuole approfondire l'argomento e magari autocostruirsi o comprare il biodigestore da giardino il sito è www.arti-india.org

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