Mi
capita spesso di incontrare i bambini per parlargli delle
meravigliose abilità dei lombrichi, in questi frangenti mi sento
rivolgere le più disparate domande: perché sono così viscidi, ma
quanto vivono, quanto mangiano, cosa mangiano e tante altre domande
tipiche dell’innata curiosità dei bimbi. Ma questa volta il
marmocchio iperattivo, che agitava un povero spaesato lombrico sotto
il mio naso, mi ha sottoposto una delicatissima questione, e l'ha
fatto con l'ingenuità spiazzante che solo un bambino può avere:
“scusa, ma i lombrichi si possono mangiare?”. Un tremito glaciale
ha cominciato ad andare su e giù per la mia spina dorsale. E ora che
rispondo? Dopo un breve momento di riflessione, soppesando tutti i
pro e i contro della mia successiva risposta, ho deciso di dirgli la
cruda verità: “non solo si possono mangiare, ma probabilmente tu,
un giorno, li mangerai! La faccia del bambino ha cominciato così a
contorcersi in una smorfia di ribrezzo e, rimettendo nel suo
contenitore il lombrico disorientato dai troppi dondolamenti, si è
allontanato bofonchiando qualcosa di irripetibile sulla mia sanità
mentale. Pazienza, la reazione era tra i contro soppesati e comunque
ci stava tutta, era nell'ordine delle cose. E lo ammetto, la mia
risposta era volta anche a provocare nel pargolo una forte reazione emotiva
in modo da liberare il piccolo ostaggio disidratato e quasi privo di sensi (il
lombrico). Però, in fondo, non sono andato troppo distante da quello
che, per forza di cose, sarà il futuro alimentare dell’umanità.
Ma andiamo per ordine, il disgusto al pensiero di mangiare lombrichi è quasi naturale, ma è interessante capire il perché di questo rifiuto. L'avversione al cibarsi di vermi deriva in primo luogo dal fatto che sono animali che vivono nel sottosuolo, e questo nell'immaginario collettivo non è proprio il massimo! Alla terra si associano malattie, sporcizia e paure varie che si originano in tempi remotissimi, non a caso l’inferno, luogo di punizione e sofferenza nella maggior parte delle culture, era geograficamente situato nel sottosuolo e infatti il termine, nella sua radice latina (inferus) significa sotto, in basso (riferito proprio al sottosuolo), e anche se nel nostro intimo sappiamo che la terra è in realtà la culla della vita, noi occidentali non riusciamo a spostarci di un millimetro dall'assioma terra=malattie. In secondo luogo, un animale allungato e viscido non può non richiamare, almeno morfologicamente, i parassiti che possono rappresentare un potenziale pericolo per il corpo umano (tenia e altri). La terza cosa, che giustifica la mancata confidenza occidentale a trattare questo animaletto come potenziale alimento, è la disponibilità elevata di altre fonti proteiche di qualità durante la nostra recente evoluzione: che bisogno c'era di andare a scavare per trovare qualche lombrico, quando avevamo a disposizione dei mammiferi belli grossi e nutrienti che potevamo cacciare o ancora meglio addomesticare per poi soddisfare tranquillamente i nostri bisogni alimentari. Tutto vero per carità, ma non era così dappertutto sul nostro pianeta. Nelle fasce tropicali e subtropicali, con forte umidità, alte temperature e grande disponibilità di sostanza organica, i lombrichi prosperavano (e ancora lo fanno) e in questi contesti, che comportano condizioni climatiche stressanti, ogni fonte proteica era benvenuta. Qui si ribalta quanto detto prima, perché devo andare a spasso per la foresta amazzonica a cacciare animali, con tutti i pericoli del caso (soprattutto quello di scambiare il ruolo di cacciatore con quello di preda), quando posso scavare una buchetta nel terreno e prelevare succulenti lombriconi pronti ad essere mangiati? Per carità, a caccia ci vado lo stesso, però, per lo meno posso integrare le proteine e i sali minerali anche con questa fonte alternativa. Poi a ben vedere, tanto alternativa la carne del lombrico non è: per prima cosa è altamente proteica (62% in peso), è meno grassa di quella di manzo e poi contiene sali minerali, acidi grassi Omega 3 e 6 e varie sostanze benefiche (enzimi) in grande quantità. Quindi, potrebbe sostituire più che validamente la carne di mammiferi, pesci e uccelli. Senza tralasciare il fattore dimensionale, quando dico lombriconi non esagero, perché ci sono specie tropicali di lombrichi che superano il metro di lunghezza e con un bestione del genere ci posso sfamare tutta la famiglia o quasi. A supporto di quanto vi dico vi consiglio di dare un'occhiata alle foto di una pubblicazione (che trovate a questo link: nutrient conten of earthworms) di un ricercatore italiano (M.G. Paoletti) dell'università di Padova che si occupa, tra le altre cose, anche dello studio dei lombrichi nell’alimentazione umana. Ovviamente non tutti i lombrichi della fascia tropicale sono enormi, la maggior parte hanno dimensioni comparabili a quelli che si trovano a latitudini maggiori, ma in tutti i casi anche i lombrichi più piccoli sono finiti all'interno della dieta di un numero elevatissimo di tribù e popolazioni.
Ma andiamo per ordine, il disgusto al pensiero di mangiare lombrichi è quasi naturale, ma è interessante capire il perché di questo rifiuto. L'avversione al cibarsi di vermi deriva in primo luogo dal fatto che sono animali che vivono nel sottosuolo, e questo nell'immaginario collettivo non è proprio il massimo! Alla terra si associano malattie, sporcizia e paure varie che si originano in tempi remotissimi, non a caso l’inferno, luogo di punizione e sofferenza nella maggior parte delle culture, era geograficamente situato nel sottosuolo e infatti il termine, nella sua radice latina (inferus) significa sotto, in basso (riferito proprio al sottosuolo), e anche se nel nostro intimo sappiamo che la terra è in realtà la culla della vita, noi occidentali non riusciamo a spostarci di un millimetro dall'assioma terra=malattie. In secondo luogo, un animale allungato e viscido non può non richiamare, almeno morfologicamente, i parassiti che possono rappresentare un potenziale pericolo per il corpo umano (tenia e altri). La terza cosa, che giustifica la mancata confidenza occidentale a trattare questo animaletto come potenziale alimento, è la disponibilità elevata di altre fonti proteiche di qualità durante la nostra recente evoluzione: che bisogno c'era di andare a scavare per trovare qualche lombrico, quando avevamo a disposizione dei mammiferi belli grossi e nutrienti che potevamo cacciare o ancora meglio addomesticare per poi soddisfare tranquillamente i nostri bisogni alimentari. Tutto vero per carità, ma non era così dappertutto sul nostro pianeta. Nelle fasce tropicali e subtropicali, con forte umidità, alte temperature e grande disponibilità di sostanza organica, i lombrichi prosperavano (e ancora lo fanno) e in questi contesti, che comportano condizioni climatiche stressanti, ogni fonte proteica era benvenuta. Qui si ribalta quanto detto prima, perché devo andare a spasso per la foresta amazzonica a cacciare animali, con tutti i pericoli del caso (soprattutto quello di scambiare il ruolo di cacciatore con quello di preda), quando posso scavare una buchetta nel terreno e prelevare succulenti lombriconi pronti ad essere mangiati? Per carità, a caccia ci vado lo stesso, però, per lo meno posso integrare le proteine e i sali minerali anche con questa fonte alternativa. Poi a ben vedere, tanto alternativa la carne del lombrico non è: per prima cosa è altamente proteica (62% in peso), è meno grassa di quella di manzo e poi contiene sali minerali, acidi grassi Omega 3 e 6 e varie sostanze benefiche (enzimi) in grande quantità. Quindi, potrebbe sostituire più che validamente la carne di mammiferi, pesci e uccelli. Senza tralasciare il fattore dimensionale, quando dico lombriconi non esagero, perché ci sono specie tropicali di lombrichi che superano il metro di lunghezza e con un bestione del genere ci posso sfamare tutta la famiglia o quasi. A supporto di quanto vi dico vi consiglio di dare un'occhiata alle foto di una pubblicazione (che trovate a questo link: nutrient conten of earthworms) di un ricercatore italiano (M.G. Paoletti) dell'università di Padova che si occupa, tra le altre cose, anche dello studio dei lombrichi nell’alimentazione umana. Ovviamente non tutti i lombrichi della fascia tropicale sono enormi, la maggior parte hanno dimensioni comparabili a quelli che si trovano a latitudini maggiori, ma in tutti i casi anche i lombrichi più piccoli sono finiti all'interno della dieta di un numero elevatissimo di tribù e popolazioni.
Comunque,
queste abitudini alimentari che noi occidentali definiremmo quanto
meno astruse, si sono perpetrate per millenni in Cina, Asia, Africa,
Sud America e in parte anche in America del Nord (e a quanto pare
anche nel bacino del mediterraneo, culla della civiltà occidentale,
c'era qualcuno che banchettava a lombrichi). Ancora oggi ci sono
luoghi nel mondo (ne parleremo in un altro post) dove i lombrichi
sono considerati una prelibatezza. Quindi la facile accessibilità a
determinate fonti proteiche determina anche la consuetudine
alimentare; d'altra parte in occidente ci sono, fulgidi e
contemporanei esempi di consumo di invertebrati: ostriche, cozze,
vongole, granchi, gamberi e tanto altro ancora. E non dimentichiamoci
delle lumache, di cui si fa gran consumo in tutti i paesi del
mediterraneo e in tantissimi altre nazioni. Se ci pensate bene, è
così differente mangiare lumache dal mangiare lombrichi? Oppure pensate per un attimo a quei meravigliosi formaggi sardi (e non solo) corredati di saettanti larve della mosca casearia (Phiophila casei). Ditemi, adesso non vi è venuta voglia di mangiare lombrichi?
In
ogni caso, assodato che i lombrichi ci fanno schifo perché non siamo
abituati a mangiarli, c'è un'ultima cosa da considerare, nel 2050 ci
saranno oltre 9 miliardi di persone, sfamarle tutte sarà la vera
sfida di questo secolo, ma se continuiamo a distruggere risorse
naturali per fare posto ad allevamenti intensivi e a coltivazioni a
loro dedicate (basti pensare che attualmente il 30% di tutta la
superficie coltivata sulla terra è destinato a sfamare gli animali
degli allevamenti) del nostro pianeta rimarrà solamente uno
sconfinato e desolato deserto non compatibile con la vita. E allora
che facciamo? Anche se non credo che l'umanità possa avere la benché
minima possibilità di arrivare al 2050, dobbiamo almeno provarci.
Quindi è assolutamente necessario trovare un'alternativa, e qui
ritorniamo alla facile accessibilità alle fonti proteiche: lombrichi
e soprattutto gli insetti (si anche gli insetti, non vorrete cibarvi
solo di lombrichi spero!) consumano molto meno suolo, a parità di
proteine prodotte, di un qualunque animale di allevamento, utilizzano
pochissima acqua e non inquinano. Anche la FAO ha prodotto numerosi
documenti sulle fonti alimentari alternative (entomofagia in
particolare) e sta studiando strategie diverse per garantire la
fornitura di cibo a tutta questa umanità che verrà.
Cosa
dire, intanto io alla fine di questo post sono diventato vegano, e
niente, per quanto riguarda il bambino che ho incontrato mi sa che
dovrà rassegnarsi ad assaggiare un bel piatto di lombrichi al
pomodoro! Bon Appétit mon petit ami
Bellissimo e divertente articolo. Grazie. Ci sono già cavallette e altri insetti secchi pronti da sgranocchiare. I lombrichi diverranno tali, solo un problema di marketing. Come le birre artigianali. Che ci voleva, non si poteva iniziare prima? E' che si pensava impossibile, oppure le grandi marche tenevano la gente ignorante. Quante cantinette spettacolari di vino sono nate da un vigneto miserello? Ad Maiora! Ciao. www.stefanomarcelli.com
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