Le
crescenti tensioni internazionali che coinvolgono la Russia porteranno, molto
probabilmente, ad un mutamento dei rapporti economici, politici e soprattutto
commerciali che investirà l'intera Europa, ma che in Italia sarà avvertito con
particolare violenza. Questo avverrà in particolare nel campo energetico,
settore che in Italia è stato sempre caratterizzato da una certa immaturità e
da una forte dipendenza dall'estero. La debolezza del settore energetico
italiano è il riflesso di politiche miopi e poco coraggiose che hanno sempre
mirato a tamponare una situazione da sempre al limite del collasso senza dare
un minimo di prospettiva ad un settore strategico a tutti i livelli per le
italiche sorti. L'indipendenza energetica è un valore imprescindibile per una
nazione che vuole recitare un ruolo da protagonista sui palcoscenici
internazionali, come dimenticare l'angoscia per le nostre misere riserve di gas
al minimo sussulto internazionale in terre attraversate dalle preziose reti di
tubazioni che riforniscono il nostro paese. Il crescente isolamento politico
della Russia comporterà certamente un ripensamento delle loro relazioni
commerciali con paesi improvvisamente divenuti ostili e questo, per quanto ci
riguarda, comporterà lo storno della nostra aliquota di prezioso gas russo
verso gli assetati e ricchi lidi cino-giapponesi. L'Italia importa l'85% del
gas necessario per riscaldamento e produzione di energia elettrica, il 30 %
dalla Russia; si comprende bene che, nonostante il nostro paese abbia diversificato
(saggiamente) le fonti estere di approvvigionamento (Algeria, Nord Europa,
Russia e Libia), l'impatto del taglio di gas russo rappresenterebbe un duro
colpo difficilmente riassorbibile che ci renderebbe anche più vulnerabili nei
confronti dei rimanenti fornitori (tra i quali è presente la Libia che non sta
attraversando certo un momento di stabilità della sua storia). L'Italia in
mezzo a questi marosi si trova a un bivio: continuare in questa continua
rincorsa a tappare le falle di una nave con sempre più buchi, oppure ripensare
il proprio paradigma energetico, investendo cospicue risorse in ricerca sulle
fonti energetiche naturali (e rinnovabili) di cui il nostro paese è
potenzialmente ricchissimo. Le politiche di incentivazione hanno certamente dato
un impulso positivo alle rinnovabili, ma rappresentano un peso notevole dal
punto di vista economico e pertanto vanno ripensate e reindirizzate per
contribuire allo sviluppo della ricerca in questi settori che sono comunque
caratterizzati da una certa vitalità. La possibilità di crescita nel campo delle rinnovabili e del miglioramento energetico delle costruzioni sono tantissime, anche perché molte di queste tecnologie hanno ancora tanto margine di sviluppo. La
ricerca e la conseguente innovazione tecnologica rappresentano l'occasione per
affrancare il nostro paese dalle troppe dipendenze che hanno caratterizzato
l'energia negli ultimi decenni, restituendo la dignità e la capacità industriale
al nostro vituperato paese.
mercoledì 26 marzo 2014
lunedì 24 marzo 2014
Ritorno alla terra!
Ritorno alla terra è un documentario veramente interessante che ci fa capire che la natura può essere una grande opportunità per tutti. Il documentario è stato girato nel 2012 in Sicilia, terra da sempre crocevia di genti e culture, crogiolo di arti e pensieri, e ci regala un tuffo in un mare di storie bellissime che hanno come filo conduttore un rinnovato rapporto con la terra. Un rapporto che diventa una scuola di vita, un progetto di cambiamento del modo di vivere, ma anche del modo di essere. Le storie si rincorrono in poco più di 80 minuti e ci donano una visione di un mondo che può essere diverso, un mondo dove l'uomo non consuma la natura ma ne diventa alleato, in un rapporto simbiotico che esalta la bellezza, l'armonia e le diverse possibilità di questa cooperazione. Il racconto si dipana tra diverse e variegate esperienze: dal grande imprenditore agricolo, alla coppia americana che si è trasferita in Sicilia alla ricerca di una pace che solo il silenzio assolato della campagna siciliana è in grado di dare, dai giovani agricoltori sinergici, al produttore di manna, tra gli ultimi baluardi dell'antica arte di estrarre questa linfa dalle cortecce dei frassini. Le parole dei protagonisti lasciano trasparire una ritrovata serenità interiore e la consapevolezza che la natura si può solo assecondare, senza forzarla e senza prendere più di quanto essa spontaneamente ci regala.
lunedì 17 marzo 2014
Depurare con i lombrichi
La lombrifiltrazione è una tecnica messa a punto negli ultimi anni che consente di depurare scarichi civili e anche industriali tramite i lombrichi. Questo animaletto non riscuote molti apprezzamenti solo perché in pochi ne conoscono le eccezionali virtù e capacità. Il corpo di questo piccolo anellide funziona come un vero e proprio biofiltro ed è capace di depurare efficacemente le acque di scarico rendendole adatte anche all'irrigazione. La capacità depurativa del lombrico è allo studio di numerose università in tutto il mondo e già da tempo esistono impianti di filtrazione e depurazione che utilizzano i lombrichi come attori principali del processo di rimozione degli inquinanti dalle matrici. Il lombrico, unito ad altri sistemi naturali come la fitodepurazione, può rappresentare una soluzione ecologica ed efficace per lo smaltimento di fanghi provenienti da allevamenti intensivi ed altamente inquinanti, ma anche per gli scarichi civili e industriali.
lunedì 10 marzo 2014
Lo strano caso della mosca soldato (Hermetia illucens)
Chiusi nei nostri appartamenti siamo ormai abituati ad associare al
mondo degli insetti un’idea di fastidio e sporcizia. La nostra ricerca del
pulito e dell’igiene assoluto ci porta a contrastare in tutti i modi i
rappresentanti di questa variegata classe animale. In realtà questi piccoli
animali ci vengono spesso in aiuto per risolvere problemi di diverso genere e
esistono alcune specie di ditteri in cui si fatica a trovare aspetti negativi
nell’interazione con il genere umano. Nel caso della mosca soldato (Hermetia
illucens) sono tanti gli utilizzi e le applicazioni nel settore delle
biotecnologie, ma quello che ci riguarda più da vicino è la capacità di
trasformare la sostanza organica in decomposizione in ottimo compost.
lunedì 3 marzo 2014
La globalizzazione della Paulonia
In
certi casi la globalizzazione rappresenta un modo per conoscere e divulgare
specie che se utilizzate con accortezza possono essere un valido aiuto per risparmiare risorse e ottenere
vantaggi in termini economici e ambientali. Questo è il caso di un albero
originario della Cina, ma dal 1800 presente anche in Europa e in Italia e di cui, è proprio
il caso di dirlo, non si butta via niente. La Paulownia, conosciuta anche sotto
il nome di “Albero della Principessa”, ha il tasso di crescita più veloce al
mondo. L’alta velocità nello
sviluppo e le rigogliose fronde ne fanno un potente produttore di ossigeno e
assorbitore di anidride carbonica (il migliore secondo la Well Forestry
worldwide – carbon emission), oltre a questo non trascurabile dettaglio, la
Paulownia, produce un ottimo legno dopo soli quattro anni dalla messa a dimora
ed è praticamente inattaccabile da parassiti e malattie. La pianta raggiunge facilmente i 20 metri di altezza e ha poche
pretese sia per quanto riguarda i terreni (basta che siano profondi e drenanti)
sia in fatto di concimazioni. Per quanto riguarda l'irrigazione, la pianta, per tutto il ciclo di sviluppo, ha bisogno di abbondante acqua in estate, mentre viene ridotta nei periodi invernali, una volta cresciuta riesce a resistere anche a prolungate siccità.
L’apparato radicale si sviluppa
velocemente e in modo fittonante e può
raggiungere, al suo massimo sviluppo, 10/12 metri di lunghezza. Questa
particolarità lo rende impiegabile in ingegneria naturalistica per la
stabilizzazione delle zone franose.
Il
legno è pregiato e si presenta leggero, di colore bianco, senza venature, nodi e
difetti, ha un’alta resistenza al fuoco, buona elasticità e resistenza alla
perforazione.
Il fogliame ha delle buone proprietà nutritive e viene utilizzato
come mangime in zootecnia, inoltre, ha ottime proprietà fonoassorbenti dovute alla folta chioma e alla peluria presente sulla superficie delle foglie.
Anche la splendida e profumata fioritura di colore
rosa violaceo rappresenta un valore aggiunto per questa pianta, infatti, le api
gradiscono molto l'abbondante nettare prodotto dai fiori della Paulownia e riescono a produrre tra i 700 e i
1000 chili di ottimo miele per ogni ettaro di coltivazione (5/600 piante).
Dalla Paulownia si ricava una biomassa con ottime qualità carburenti e il pellet che si ottiene non ha bisogno di colle o aggreganti.
Chiaramente non sono tutte rose e fiori (è proprio il caso di dirlo), questa pianta è assolutamente invasiva, e anche se molto bella e con innumerevoli doti e qualità, dovrebbe essere utilizzata solamente in determinati contesti, ad esempio la ricolonizzazione di aree inquinate o ormai completamente spoglie della vegetazione originaria, oppure l'utilizzo in città come barriera fonoassorbente, per avere vaste aree ombreggiate in poco tempo o per contrastare l'inquinamento. Lo sfruttamento intensivo di questa specie deve essere compiuto in modo oculato, evitando di realizzare estese piantagioni in prossimità di aree con vegetazione autoctona o vicino a riserve naturali, meglio utilizzare questi alberi dove l'uomo ha già trasformato irrimediabilmente il paesaggio e soprattutto utilizzando la tecnologia, soprattutto per l'irrigazione, per evitare inutili sprechi di risorse. In definitiva, sebbene lo sfruttamento intensivo della natura debba sempre essere evitato, la Paulownia può rappresentare, in determinati contesti, una soluzione accettabile per i motivi sopra descritti, come per tutte le cose ci vuole buon senso e intelligenza, che nella maggior parte dei casi, purtroppo, sono i requisiti che mancano al genere umano.
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