In
certi casi la globalizzazione rappresenta un modo per conoscere e divulgare
specie che se utilizzate con accortezza possono essere un valido aiuto per risparmiare risorse e ottenere
vantaggi in termini economici e ambientali. Questo è il caso di un albero
originario della Cina, ma dal 1800 presente anche in Europa e in Italia e di cui, è proprio
il caso di dirlo, non si butta via niente. La Paulownia, conosciuta anche sotto
il nome di “Albero della Principessa”, ha il tasso di crescita più veloce al
mondo. L’alta velocità nello
sviluppo e le rigogliose fronde ne fanno un potente produttore di ossigeno e
assorbitore di anidride carbonica (il migliore secondo la Well Forestry
worldwide – carbon emission), oltre a questo non trascurabile dettaglio, la
Paulownia, produce un ottimo legno dopo soli quattro anni dalla messa a dimora
ed è praticamente inattaccabile da parassiti e malattie. La pianta raggiunge facilmente i 20 metri di altezza e ha poche
pretese sia per quanto riguarda i terreni (basta che siano profondi e drenanti)
sia in fatto di concimazioni. Per quanto riguarda l'irrigazione, la pianta, per tutto il ciclo di sviluppo, ha bisogno di abbondante acqua in estate, mentre viene ridotta nei periodi invernali, una volta cresciuta riesce a resistere anche a prolungate siccità.
L’apparato radicale si sviluppa
velocemente e in modo fittonante e può
raggiungere, al suo massimo sviluppo, 10/12 metri di lunghezza. Questa
particolarità lo rende impiegabile in ingegneria naturalistica per la
stabilizzazione delle zone franose.
Il
legno è pregiato e si presenta leggero, di colore bianco, senza venature, nodi e
difetti, ha un’alta resistenza al fuoco, buona elasticità e resistenza alla
perforazione.
Il fogliame ha delle buone proprietà nutritive e viene utilizzato
come mangime in zootecnia, inoltre, ha ottime proprietà fonoassorbenti dovute alla folta chioma e alla peluria presente sulla superficie delle foglie.
Anche la splendida e profumata fioritura di colore
rosa violaceo rappresenta un valore aggiunto per questa pianta, infatti, le api
gradiscono molto l'abbondante nettare prodotto dai fiori della Paulownia e riescono a produrre tra i 700 e i
1000 chili di ottimo miele per ogni ettaro di coltivazione (5/600 piante).
Dalla Paulownia si ricava una biomassa con ottime qualità carburenti e il pellet che si ottiene non ha bisogno di colle o aggreganti.
Chiaramente non sono tutte rose e fiori (è proprio il caso di dirlo), questa pianta è assolutamente invasiva, e anche se molto bella e con innumerevoli doti e qualità, dovrebbe essere utilizzata solamente in determinati contesti, ad esempio la ricolonizzazione di aree inquinate o ormai completamente spoglie della vegetazione originaria, oppure l'utilizzo in città come barriera fonoassorbente, per avere vaste aree ombreggiate in poco tempo o per contrastare l'inquinamento. Lo sfruttamento intensivo di questa specie deve essere compiuto in modo oculato, evitando di realizzare estese piantagioni in prossimità di aree con vegetazione autoctona o vicino a riserve naturali, meglio utilizzare questi alberi dove l'uomo ha già trasformato irrimediabilmente il paesaggio e soprattutto utilizzando la tecnologia, soprattutto per l'irrigazione, per evitare inutili sprechi di risorse. In definitiva, sebbene lo sfruttamento intensivo della natura debba sempre essere evitato, la Paulownia può rappresentare, in determinati contesti, una soluzione accettabile per i motivi sopra descritti, come per tutte le cose ci vuole buon senso e intelligenza, che nella maggior parte dei casi, purtroppo, sono i requisiti che mancano al genere umano.
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