giovedì 20 febbraio 2014

La grande truffa dei detersivi


Da sessanta anni l'industria chimica tenta di raggiungere la missione impossibile del bianco perfetto. Ogni nuovo spot ci propone la soluzione definitiva per il bucato ideale, sembra la ricerca del Santo Graal o la scoperta della pietra filosofale, una continua rincorsa a suon di spot commerciali che ci spingono ad acquistare l'ultimo prodotto con proprietà e virtù miracolose. Ci hanno raggirato per tutto questo tempo? La verità è che la natura, la migliore industria chimica esistente, ci fornisce già da tempo la formula magica per ottenere risultati eccezionali sul nostro bucato. Lo avevano scoperto le nostre nonne, impiegando per lavare i panni sostanze semplici e quasi innocue per l'ambiente rese assolutamente accessibili dalla primordiale industria chimica (soda, potassa, calce viva, sapone) oppure, prendendo quelle disponibili in natura (cenere, limone, aceto). 



La competizione commerciale ha determinato una continua evoluzione dei prodotti che, oltre ad alleggerire continuamente le tasche dei consumatori, ha prodotto una serie di disastri ambientali con i quali è necessario fare i conti. La genuina spinta propulsiva alla ricerca che intendeva alleggerire i carichi di lavoro delle casalinghe, ha lasciato il posto a pretestuosi e assolutamente secondari aspetti riguardanti la morbidezza, il profumo, il colore del detersivo e naturalmente il bianco fantasmagorico. I primi sintomi del delirio di onnipotenza dell'industria dei detersivi si sono manifestati negli anni sessanta, quando gli scienziati scoprirono che i fosfati avevano l'eccezionale proprietà di addolcire l'acqua e di garantire quindi una migliore efficacia nel lavaggio. Dopo una decina di anni l'euforia di questa scoperta si affievolì quando si toccò con mano che i fosfati, pur non essendo di per sé nocivi, arrecavano un notevole danno agli ambienti acquatici essendo in parte responsabili dei fenomeni di asfissia delle acque. I ricercatori, con zelo instancabile, si misero al lavoro per ovviare a questi inconvenienti e tirarono fuori dal cilindro l'ennesima trovata geniale: i silicati. Ebbene, se questi risolvevano il problema che si era verificato con i fosfati, ne creavano altri e ancora oggi non si conoscono a fondo tutti i danni che hanno determinato questi componenti  a livello ambientale.

Non riuscendo a risolvere il problema relativo all'inquinamento, l'attenzione dei produttori si è spostata su altri fronti che toccavano maggiormente la sensibilità dei consumatori, ad esempio si è passati dal pesante fustino, incubo di tutte le casalinghe degli anni settanta, che conteneva il detersivo in polvere, ai piccoli flaconi di detersivo concentrato; e siccome anche l'occhio vuole la sua parte, per sostituire la banalità del detersivo in polvere, le industrie hanno sfornato le più svariate tipologie di prodotto: granuli, pastiglie, gel con profumazioni e colori di tutti i generi. Per non parlare degli strumenti per dosare il prodotto: misurini, palette delle più fantasiose forme e dimensioni, magiche palline a rilascio rallentato per garantire una migliore distribuzione nell'arco di tempo del lavaggio e migliorare il risultato finale.
Stando agli sforzi compiuti dall'industria in questi ultimi lustri dovremmo tutti profumare come fiori di campo e i nostri abiti dovrebbero rimanere puliti e olezzanti per giorni e giorni e invece gli indumenti si sporcano sempre più facilmente ed  il numero di lavaggi è in costante aumento. Questo in verità non è solo colpa dei detersivi ma anche dell'inquinamento atmosferico e della scarsa qualità degli indumenti di oggi che sono per lo più realizzati con fibre sintetiche. Queste ultime hanno il vantaggio indiscutibile del basso costo e della facilità di reperimento, ma hanno un difetto molto grave: si caricano elettrostaticamente con facilità, questo attira le particele di sporco, inoltre, per ovviare ai problemi di rigidità dei tessuti (problema causato da componenti chiamati riempitivi che evitano la formazione di grumi nelle polveri e aumentano il volume del prodotto per farlo sembrare più conveniente), usiamo in gran quantità gli ammorbidenti che ammorbidiscono i tessuti ma ne riducono drasticamente l'igroscopicità, ovvero la capacità di assorbire i liquidi, come quelli corporei come l'urina e il sudore; il loro ristagno favorisce la proliferazione di batteri e funghi che provocano cattivi odori e l'insorgenza di vere e proprie malattie della pelle. L'utilizzo degli ammorbidenti è giustificato solamente dal fatto che i detersivi alterano le caratteristiche proprie dei nostri indumenti, lavando via, oltre lo sporco, anche l'elasticità delle fibre, le proprietà antistatiche e la naturale morbidezza delle fibre naturali come la lana e il cotone. Basterebbe contrastare la durezza dell'acqua con detersivi ecologici e poco aggressivi, sia per la nostra pelle sia per l'ambiente, ad esempio mettendo nella vaschetta del risciacquo un bicchierino di aceto al posto dell'ammorbidente commerciale, questo ci darebbe un bucato morbido e allo stesso tempo naturalmente igienizzato con grande vantaggio per l'economia domestica e per la natura.
Il connubio sapone di Marsiglia e aceto risponde in modo esaustivo alle esigenze domestiche e ambientali rispettando i tessuti e conferendo una naturale morbidezza ai capi. Un ritorno al passato è auspicabile perché la storia ha dimostrato che il progresso è fatto di tanti miglioramenti rispetto al passato, ma anche di molti errori e passi falsi e sta a noi capire in che direzione proseguire e quando è necessario fermarsi e leggere criticamente il cammino intrapreso. In questo caso prendere coscienza degli errori commessi e rivalutare le possibili alternative ecologiche è doveroso, perché il rispetto della natura è fondamentale per porre le basi di un nuovo modo di vivere il nostro pianeta anche perché tra non molto, continuando così,  un pianeta non l'avremo più.

N.d.a. Per scrivere questo post ho volutamente saccheggiato un ampio tratto di un libro dell'ottima Sabine Gstöttenmayer (Più natura in casa - Edizioni il punto d'incontro - 2006). Spero che l'autrice non se ne abbia a male.

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